La «tazzina» sfonda il «muro» di un euro. I commercianti: dipende dalla variazione verso l’alto delle materie prime. I consumatori: ci sono modi per «difendersi»
Un po’ più «amaro» il caffè al bar. Per il prodotto di maggior consumo della capitale (secondo i calcoli, infatti, si preparano tra i 5 ed i 6 milioni di tazzine ogni giorno e rappresentano per i pubblici esercizi il 30 per cento del fatturato) sta per arrivare un ritocco sul prezzo, dopo anni di fermo, perché è rincarato circa 12 centesimi in dieci anni. Ma ora in quasi ogni bar si supererà il fatidico euro. Un aumento dovuto alla materia prima, il «chicco» che ha subito pesanti aumenti nei paesi di produzione: «È un prodotto di consumo mondiale che si deve importare – spiega Willy Nori discendente di una nota famiglia di torrefattori – facendo i conti con la “borsa” e le situazioni climatiche. Abbiamo sempre tenuto basso il prezzo del caffè, ma inevitabilmente adesso dovrà subire una variazione verso l’alto che va al di là del nostro volere e che è dovuto alla situazione mondiale». «Certo cercheremo di far pagare al minimo il “supplemento” all’origine ai nostri clienti – aggiunge Claudio Pica, presidente della Fiepet Confesercenti – vedremo nei prossimi giorni quanto effettivamente incide la materia prima. Ma dobbiamo calcolare anche le spese di gestione e gli affitti dei locali che a Roma ormai sono troppo alti rispetto gli incassi». Un calcolo più preciso dice che un esercente incassa per ogni caffè da 0,47 a 0,72 euro, ed è un prodotti fondamentale per molti bar perché la crisi ha ridotto i consumi, ma non quelli dell’intramontabile espresso: forse anche per questo si rincara un «vizietto» irrinunciabile.
Non sarà «amaro» solo il caffè. Per settembre si preannuncia una vera «stangata» per i romani. Oltre ai già annunciati aumenti a livello nazionale delle tariffe telefoniche per i cellulari, alla polizza di assicurazione per l’auto ( la macchina sarà particolarmente cara perché sono previsti rincari anche per i carburanti) e perfino ai costi dei prodotti bancari: secondo i calcoli degli esperti per le famiglie vi sarà in media un più 4,29 per cento da sborsare in questi casi.
Ma ben altri aumenti attendono al varco in questo mese di settembre i romani. Subito dopo l’espresso, infatti, arriva il «caro – cornetto», o meglio sono previsti rincari per il pane e la pasta: il prezzo all’ingrosso del grano, infatti, ha fatto registrare negli ultimi mesi una notevole crescita che avrà inevitabilmente ripercussioni sui prezzi finali della pasta e sui prodotti da forno: in questo caso i rincari «dipendono dalla siccità, c’è stata una produzione minore di grano a livello mondiale – spiega Claudio Capezzuoli, segretario dell’Associazione panificatori di Roma e Provincia – Di conseguenza laddove la domanda è eguale e il prodotto è più scarso è chiaro che ci sono aumenti. Noi siamo passati da una vocazione cerealicola a importare un buon 70 per cento del grano tenero. È stata fatta anche una stima che una famiglia mediamente spende circa 76 euro al mese tra pasta e pane: adesso si prevede che ci possa essere un aumento del 20 – 30 per cento di spesa per le famiglie avranno su questo tipo di prodotti». Ma Claudio Capezzuoli ricorda anche che il consumo di pane, tra diete e cambiamento dei gusti, è passato da circa 20 grammi al giorno a persona a 50 grammi, quindi vi è già un risparmio nel consumo, mentre al grano d’importazione si «preferiscono grani antichi, non importati ma a chilometro zero. E su questo ci sono vari progetti come quello del “pane di Roma” con farine macinate a pietra». Una stangata dalla quale ci si può difendere? «Siamo in un libero mercato, i prezzi li fa la concorrenza», spiega Primo Mastrantoni,il segretario dell’Aduc, l’Associazione degli utenti e dei consumatori, «e di fronte a questi aumenti il consumatore può intervenire solo selezionando i consumi, scegliendo prodotti che costano di meno».
E se per il settore energetico o costi dipendono dal petrolio, «per le tariffe telefoniche si può scegliere fra le varie società, preferendo quella che offre il minor prezzo con i maggiori servizi, in questo caso la concorrenza è notevole». Anche nei prodotti alimentari «ci si può orientare verso i prodotti che costano di meno», conclude Primo Mastrantoni, «e indirizzare le scelte verso i prodotti a minor impatto: il consumatore ha grande arma in mano, quella della scelta per poter indirizzare il mercato».