Being myself originally from Campania (and specifically Salerno), has always been an enigma why here in the US (New England) people are not really familiar with the wines of our region. список кредитных банков онлайн
After living in the US for over 20 years and working in the wine business for the last 14, representing Italian wineries, I am always amazed about how little the wines of Campania are known and I keep asking myself how is that possible. When you think about the history of the region and its importance already in ancient Greek times when it was named Enotria due to its special conditions for the vines to thrive and also later during Roman times named Campania felix, once again because of its unique combination of climate and fertile soils.
Immediately comes to mind the ancient Falernum, probably the most prestigious wine consumed during the times of the Roman republic and subsequently in Imperial times. Imagine that Falernum wine already had a denomination system to categorize its quality based on the location of the vineyards in: Caucinum, made with fruit coming from the vineyards located at the highest elevations, Faustianum (the most prestigious and expensive) made with fruit coming from vineyards in mid-slopes and lastly the regular Falernum made with fruit coming from vineyards in the lower part of the hills and if not enough, Pliny the Elder talks about Falernum possible styles such as: austerum (the driest and most tannic), dulce (sweet) and tenue (lighter). But then again we all know that over 2 thousand years of history were wiped out by Phylloxera and wasn’t till the 1970s that thanks to the Avallone family of Villa Matilde such incredible history was resuscitated and today is spoke of once again. How can everyone have forgotten of this?
Viti-culturally speaking Campania is many things, whites, reds and roses, sparkling and sweet wines from the mountains, the volcanoes, the coast and the islands. So many indigenous varietals still thrive thanks to the staunch traditionalism of the growers/producers that even in the most difficult times did not want to give in to international varietals as it happened in many other regions of Italy. Today we are fortunate to witness a renaissance of Campania’s wines, from the delicious Falanghina of both the Benevento area and Campi Flegrei’s version, to obviously the two white stars Greco (di Tufo) and Fiano (di Avellino), that I both adore, but let’s not forget the wonderful Biancolella from Ischia, and Forastera, Fenile and Bincazita from the Amalfi coast, and Pallagrello bianco from Caserta.
When you enter the realm of red wines, Aglianico is king reaching excellence both in Taurasi and Taburno but great examples are made also in the Cilento and nearby Salerno, then followed by Piedirosso (second most planted red grape) that was traditionally blended with Aglianico, but also in Caserta, Pallagrello (the black version) provides wines full of personality that shouldn’t be forgotten.
So many more are grapes and wines are worthy of mention but we’d need days of writing to explore Campania and its viti-cultural history in its fullness, but going back to my original point, why are the wines still un-recognized in spite of the quality/value ratio they provide? Are producers working together both back home and internationally to promote the brand “Campania”? Are they properly if at all telling the stories and history of a region full of them? Are we talking about the marvels of Campania where these terrific wines originate from? And the food, Campania within its provinces is a cradle of great ingredients and genuine products, from tomatoes, to cheeses, beans, past and so much more that the world would envy and want, should they ever find out… food for thought.
Ciro Pirone – Horizon Beverage – Director of Italian Wine
traduzione:
Campania, tanta storia che non si traduce in vino
Essendo anch’io originario della Campania (e nello specifico di Salerno), è sempre stato un enigma perché qui negli Stati Uniti (New England ) le persone non hanno molta familiarità con i vini della nostra regione.
Dopo aver vissuto negli Stati Uniti per oltre 20 anni e aver lavorato nel settore del vino per gli ultimi 14, rappresentando le cantine italiane, sono sempre stupito di quanto poco siano conosciuti i vini della Campania e continuo a chiedermi come sia possibile. Quando si pensa alla storia della regione e alla sua importanza già nell’antichità dei tempi dei Greci, quando fu chiamata Enotria per le sue condizioni speciali per il prosperare delle viti e anche in epoca romana chiamata Campania felix , ancora una volta per la sua combinazione unica di clima e suoli fertili.
Viene subito in mente l’antico Falernum , probabilmente il vino più prestigioso consumato ai tempi della repubblica romana e successivamente in epoca imperiale. Immaginate che il vino Falernum avesse già un sistema di denominazione per classificare la sua qualità in base all’ubicazione dei vigneti in: Caucinum , prodotto con frutta proveniente dai vigneti posti alle quote più elevate, Faustianum (il più prestigioso e costoso) realizzato con frutta proveniente da vigneti a mezza costa ed infine il Falernum regolare realizzato con frutti provenienti dai vigneti della parte bassa delle colline e se non bastasse, Plinio il Vecchio parla dei possibili stili di Falernum quali: austerum (il più secco e tannico), dulce ( dolce) e tenue (più leggero). Ma poi di nuovo sappiamo tutti che oltre 2mila anni di storia furono spazzati via dalla Fillossera e fu solo negli anni ’70 che grazie alla famiglia Avallone di Villa Matilde una storia così incredibile fu resuscitata e oggi se ne parla ancora. Come possono averlo dimenticato tutti?
Viti – culturalmente parlando la Campania è tante cose, bianchi, rossi e rose, spumanti e dolci di montagna, vulcani, costa e isole. Tanti vitigni autoctoni prosperano ancora grazie al convinto tradizionalismo dei viticoltori / produttori che anche nei tempi più difficili non hanno voluto cedere a vitigni internazionali come è successo in molte altre regioni d’Italia. Oggi abbiamo la fortuna di assistere ad una rinascita dei vini campani, dalla deliziosa Falanghina sia del Beneventano che della versione dei Campi Flegrei, ovviamente alle due stelle bianche Greco (di Tufo ) e Fiano (di Avellino), che adoro entrambi, ma let’ s non dimenticare la meravigliosa Biancolella da Ischia, e Forastera , Fenile e Bincazita dalla costiera amalfitana, e Pallagrello bianco da Caserta.
Quando si entra nel regno dei vini rossi, l’ Aglianico è il re raggiungendo l’eccellenza sia nel Taurasi che nel Taburno ma ottimi esempi si fanno anche nel Cilento e nella vicina Salerno, seguito poi dal Piedirosso (seconda uva rossa più piantata) che tradizionalmente veniva miscelato con l’ Aglianico , ma anche a Caserta il Pallagrello (la versione nera) regala vini ricchi di personalità da non dimenticare.
Tante altre sono le uve e i vini sono degni di menzione, ma avremmo bisogno di giorni di scrittura per esplorare la Campania e la sua storia vitivinicola nella sua pienezza , ma tornando al mio punto iniziale, perché i vini sono ancora non riconosciuti nonostante del rapporto qualità / valore che forniscono? I produttori stanno lavorando insieme sia in patria che a livello internazionale per promuovere il marchio “ Campania ” ? Stanno raccontando correttamente, se non del tutto, le storie e la storia di una regione piena di loro? Stiamo parlando delle meraviglie della Campania da dove provengono questi fantastici vini? E il cibo, la Campania nelle sue province è culla di ottimi ingredienti e prodotti genuini, dai pomodori, ai formaggi, ai fagioli, al passato e tanto altro che il mondo invidierebbe e vorrebbe, se mai lo scoprisse… spunti di riflessione.